Quando abbiamo pensato a questo viaggio, non abbiamo avuto il tempo di scendere troppo nei dettagli. Abbiamo pero’ pensato che una settimana tra l’arrivo a Los Angeles e la ripartenza per Houston sarebbe comunque stata bene spesa, e che oltre a San Diego qualcosa avremmo fatto. Quando nel 2000 abbiamo fatto il viaggio di nozze, abbiamo fatto anche un piccolo tour organizzato di 4 giorni (mai scelta e’ stata piu’ azzeccata, visto che proprio li’ abbiamo conosciuto Marco, uno dei nostri piu’ cari amici, una di quelle persone che pensi che era destino conoscere e che benedici la scelta che lo ha fatto succedere) e in questo tour c’era una notte a Las Vegas. Avevamo dormito in un hotel non a tema, l’Hilton, e non avevamo giocato nemmeno un dollaro, anche perche’ la nostra efficentissima guida (Renata, di Roma anche lei come Marco) ci ha fatto assistere a tutti gli spettacoli gratuiti possibili e immaginabili negli hotel sulla strip. Ci eravamo detti: Las Vegas va bene vederla una volta, ma non vale la pena tornarci. Gia’, ma Alicia non c’e’ mai stata. Cosi’, una volta in California, il tempo non consente di andare a spiaggia, gia’ nel 2006 ci siamo fatti tutta la costa (da Santa Barbara ad Hungtinton Beach, Newport, ecc), a questo punto una puntatina a Las Vegas si puo’ fare. E poi un po’ di curiosita’, di rivederla quasi 14 anni dopo, con l’esperienza di viaggio che abbiamo adesso, ce l’abbiamo. Ma San Diego – Las Vegas e’ un po’ una mazzata (circa 6 ore), cosi’ decidiamo di fare una sosta nel mezzo.
Abbiamo sempre sentito nominare Palm Springs: non abbiamo idea di cosa ci sia, ma ce lo immaginiamo un posto da ricchi nel deserto. Per fortuna rispetto all’Australia e alle Hawaii, la California e’ davvero economica in quanto a pernottamento (per 3 notti al Best Western a San Diego abbiamo speso 169 euro in tutto: in Australia al massimo ci facevi una notte e mezzo!).
Cosi’ consultiamo il fidato booking.com (non ci ha mai deluso, anche quando il posto non era un granche’, lo sapevamo prima) e troviamo il Desert Isle Resort, che offre un mini appartamento per meno di 100 euro. Potremmo spendere meno, ma l’idea di avere un appartamentino con una cucinetta ci attira troppo. Si vive solo una volta e soprattutto noi faremo un giro del mondo solo una volta (ahime’!). Cosi’ prenotiamo. Ci attira anche l’idea della piscina riscaldata (visto che di giorno il tempo e’ abbastanza bello, ma comunque si arriva a 20-21 gradi e di notte poi fa freddo, circa 10 gradi).
L’idea iniziale e’ di partire subito per Palm Springs, per goderci appunto questi benefit, ma poi a Oceanside, che e’ di strada, poco a nord di San Diego, c’e’ il museo del surf. Inoltre il martedi’, proprio quando ci passeremmo noi, e’ pure gratuito. Da buoni liguri non possiamo perdere l’occasione! 🙂
Scherzi a parte, Gabry ha fatto alcuni anni fa amicizia su facebook con Silvia, di origini italiane, che abita a Carlsbad, praticamente attaccata a Oceanside. Sa di questo viaggio e siamo d’accordo di incontrarci. Insomma tutto combacia perfettamente.
Poiche’ nei 2 giorni precedenti ce la siamo presa comoda, partendo da San Diego dobbiamo almeno ancora passare a Mission Bay e a La Jolla.
Mission Bay e’ simile a come ce la ricordavamo, ma ora diamo importanza ai giochi per bambini, dove Alicia si diverte, ma prende anche una bella schienata cadendo dall’altalena (tranquillizate i nonni, nessuna conseguenza, e’ caduta sulla sabbia). Invece il visitor center che consentiva di prenotare gli hotel e dava il benvenuto a San Diego (per chi arrivava dalla costa nord) riporta il cartello che 3 anni fa, dopo 40 anni di onorato servizio, ha chiuso. Un po’ ci sentiamo in colpa: anche noi stiamo prenotando tutto su internet, con l’ipad: ormai certe strutture non hanno piu’ troppo senso di esistere.
La Jolla la vediamo passando proprio sulla costa (e facendo arrabbiare il navigatore, che vuol farci prendere la strada piu’ veloce, ma meno suggestiva).
Posso dirlo: “Ho visto case che voi italiani non potete neanche immaginare”! 🙂 (Va beh, Rutger Hauer non diceva proprio cosi’, ma il concetto era lo stesso).
Beh, per non farci mancare nulla, vediamo pure le foche spiaggiate sulla spiaggia (dopo i delfini e i koala, sempre visti in liberta’, non potevamo farci mancare le foche).
Insomma, ci vorremmo stare giorni qui, non poche ore: arriviamo al museo del surf un’ora prima della chiusura.
Il tipo che ci accoglie e’ davvero simpatico, e poco dopo arriva Silvia: e’ dolcissima come la immaginavamo. Chiacchieriamo un po’ (si fa per dire, io con il mio inglese, lei con il suo italiano), ma il tempo passa in fretta e ci dobbiamo salutare.
L’arrivo a Palm Springs e’ spettacolare, nel senso che quando apriamo la porta dell’appartamento rimaniamo di stucco per la sorpresa: appartamento piu’ grande di casa nostra: una camera da letto, ingresso a sala con caminetto a gas che ci accende come se fosse una luce, cucina mega accessoriata (non solo frigo, forno, forno a microonde e fornelli ad induzione, ma anche lavastoviglie e tritarifiuti, ed ovviamente pentole, bicchieri, posate, tostapane, frullatore, ecc, ecc), e 2 bagni, di cui uno con vasca e uno con mega doccia-sauna!
Dalla sala si accede direttamente al giardino interno alla struttura, con fontana, piscina riscaldata e piscina idromassaggio. Ogni villetta ha il suo patio, con sdraio e barbeque!
Insomma, un vero paradiso, tant’e’ che ci facciamo anche un bel bagno in piscina alle 8 di sera. Certo,e’ buoi da ormai un paio d’ore, e ci saranno 10 gradi, ma la piscina e’ riscaldata ed e’ tutta per noi, ed ovviamente alla reception ci hanno dato gli asciugamani appositi.
Ah, Palm Springs, un sogno! E poi ci possiamo cucinare una bella pasta!
Peccato essere arrivati tardi (ma San Diego meritava troppo) e stare solo una notte: beh, forse meglio cosi’. Non e’ il caso di abituarsi: questo non e’ certo il nostro target abituale.
L’indomani facciamo un veloce giretto per Palm Springs: giusto il tempo che Gabry possa sbirciare sotto la gonna dell’enorme statua di Marylin Monroe 😉 e di vedere da dove parte una funicolare ripidissima: sarebbe troppo da fare, ma ci vorrebbe troppo tempo e quasi un centinaio di dollari in tre. Pazienza, partiamo per Las Vegas.
Las Vegas e’ come la ricordavamo: vorremmo girare 2 orette, ma alla fine farci quasi tutta la strip dal Luxor (che e’ ad un’estremita’) al Treasure Island (che non e’ alla fine, ma oltre non ce la facciamo) ci porta via quasi 4 ore andata e ritorno. Ovviamente non sarebbe cosi’ lungo, ma tra le fontane del Bellagio, un giro a Venezia, un’entrata e uscita al Caesar’s Palace, qualche foto all’Harley Davidson Cafe’, insomma a mezzanotte e mezza prendiamo l’ultimo tram per andare dall’Excalibur al Luxor, con Alicia in braccio, che e’ stata bravissima e paziente, ma ha male a un piede e non ce la fa piu’ a camminare.
In pratica andiamo a nanna all’una e mezza: l’indomani mattina giro nel Luxor (le star del Luxor sono i Jabbawockeez, i primi che hanno visto American Best Dance Crew, un programma di gare di hip hop e break dance che da anni seguiamo in Italia) e poi dobbiamo almeno giocare un dollare a testa alle slot, che ormai sono dei computer (non c’e’ piu’ la levetta da tirare). Gabry gioca subito tutto il dollaro, vince 40 centesimi, rigioca tutto e perde tutto. Io faccio un po’ di giocare da 20, 30 centesimi. A volte perdo a volte li rivinco. Insomma, alla fine per ricordo mi faccio stampare il voucher per ritirare 50 centesimi!! Wow, dei veri giocatori incalliti!
Mentre Gabry gioca, io e Alicia siamo a 1 metro da lui, senza sederci, ma arriva il tipo della sicurezza e ci dice che Alicia non puo’ stare li’. Ci allontaniamo, ma Alicia ci resta malissimo e si mette a piangere e continua a dire “Ma cosa facevo di male?” Poverina, lo prende come se l’avessero rimproverata.
Per finire il nostro viaggio a Las Vegas abbiamo ancora una tappa: il banco dei pegni Gold & Silver Pawn: in Italia, su History Channel, guardiamo sempre Affari di famiglia: e’ un programma intelligente, perche’ facendoti vedere la gente che vuole vendere cose strane, ti fanno la storia di quegli oggetti spiegandoti un po’ di cose (a volte vendono monete, altre mappe antiche, lettere di presidenti, vecchie macchine da cucire, armi, giocattoli antichi, ecc, ecc).
Evidentemente non siamo gli unici, perche’ per entrare c’e’ da fare un po’ di coda, ma si smaltisce presto e ci compriamo pure una moneta: costa poco e non ce ne faremo nulla, ma vuoi mettere avere la ricevuta di acquisto? Ora guarderemo il programma con occhi diversi, anche se ovviamente non c’e’ nessuno dei protagonisti (cioe’ il proprietario, con suo padre e suo figlio, oltre a un dipendente).
E con questo e’ davvero tutto: ci attende un lungo viaggio di circa 4 ore verso Los Angeles, con punte minime di 41 gradi farenheit (5 gradi celsius), pioggia e becchiamo anche la nebbia!
Comunque la strada e’ immensa e piena di auto (pero’ non troppo traffico), non come il deserto fatto tra Palm Springs e Las Vegas, dove beccavamo una macchina ogni mezz’ora, e strade a doppio senso con un asfalto terribile e piene di dip! (per chi non lo sapesse, il dip e’ l’opposto di una cunetta: ce ne sono certi che se non li prendi piano ti pianti con il muso della macchina all’ingiu’).
Scusate, l’articolo non e’ certo dei migliori per lo stile. Ma scrivo di corsa, dalla camera di Houston, prima di partire per New Orleans: il tempo e’ poco, perche’ ovviamente lo dedichiamo a vedere i posti o, ahime’, a ore di auto di trasferta. E poi una volta in camera c’e’ da fare con valigie, doccia, cena, ecc.
Pero’ o scrivo male o non scrivo proprio, quindi ho pensato che agli amici facesse piacere comunque leggere qualche notizia non troppo stantia (devo ancora recuperare su Australia e Hawaii).
Con questo vi saluto e vado a chiudere le valigie.
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